Aspetti linguistici della comunicazione

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Presentazione Parlare, contrariamente all'apparente facilità, è indubbiamente una delle più complesse attività del comportamento umano. È un'intera catena di processi il cui carattere è solo recentemente divenuto più chiaro in quanto risultato di ricerca da parte di discipline diverse quali la linguistica, la fonetica, la psicologia, la psicolinguistica, le neuroscienze, ecc. D'altra parte il linguaggio non è che uno dei mezzi (seppure il più importante) che l'uomo usa per comunicare. Il sistema di comunicazione umana è infatti un complesso di comunicazioni sia verbali che non-verbali: quando un parlante vuole trasmettere un messaggio ad un ascoltatore, cioè quando ha un'intenzione comunicativa, nel codificare un messaggio presta attenzione alle possibilità sia del canale verbale che di quello non-verbale e i due canali possono interagire in vario modo (v. «La comunicazione non verbale» p. 151, sgg.). La linguistica è la scienza del linguaggio «parlato» (definito, in riferimento alla modalità di trasmissione dell'informazione, canale vocale-uditivo, cioè come un sistema di comunicazione orale) e non della comunicazione per la quale sono stati proposti termini come «semiotica». Comunicazione è quindi un concetto più ampio di linguaggio così come lo è il concetto associato di incapacità di «comunicazione». Nella vasta serie di criteri proposti per caratterizzare la comunicazione verbale come opposta alla non-verbale due sono considerati fondamentali: il primo è la differenza nella «produttività» intesa come capacità creativa degli utenti del linguaggio nel produrre e capire un numero indefinito di messaggi. La comunicazione non-verbale manca di produttività in questo senso e quindi c'è una serie limitata di significati che possono essere trasmessi. Il secondo criterio è la diversa organizzazione strutturale (da cui il primo è strettamente dipendente): il linguaggio mostra una dualità di struttura a livello fonologico e grammaticale, che manca nella comunicazione non-verbale. Ciò naturalmente non significa che il clinico non si debba occupare anche degli aspetti non-linguistici della comunicazione. Al contrario poiché il suo ruolo è di capire le capacità comunicative del paziente nel loro insieme, sarà necessario considerare anche questi fattori, che recentemente sono stati oggetto di approfondite ricerche condotte per valutare la comunicazione prelinguistica del bambino. Il principale oggetto di studio della linguistica riguarda gli aspetti dell'espressione orale che vengono condivisi dai membri di una comunità, in altre parole quella serie di regole e convenzioni che parlante ed ascoltatore hanno bisogno di condividere perché abbia luogo un atto di comunicazione. L'obiettivo fondamentale dei linguisti infatti è formulare una teoria della struttura del linguaggio, cioè della struttura astratta che il linguista presuppone sia la base comune di norme e regole che guidano la produzione di espressioni da parte di tutti coloro che parlano una determinata lingua. L'analisi linguistica si interessa, quindi, agli aspetti sistematici del linguaggio e dà poca importanza a quelli idiosincratici; una concezione un po' più generalizzata di questa differenza emerge nella distinzione di De Saussure «langue» e «parole» e nella distinzione di Chomsky fra «competenza» ed «esecuzione». Competenza si riferisce alla conoscenza che una persona ha del suo linguaggio, del sistema di regole che la mettono in grado di produrre e capire un numero infinito di frasi, in opposizione al concetto di << esecuzione» cioè l'atto del parlare che contiene caratteristiche irrilevanti per il sistema di regole astratte, che sorge al di fuori delle influenze psicologiche e sociali che agiscono sulla parola. Come concezione generale, questa distinzione è stata ampiamente utilizzata ma successivamente anche criticata da parte dei linguisti che sentono che il confine tra i due concetti non è così chiaro come le loro definizioni ci porterebbero a credere. È tuttavia molto importante cercare di fare delle ipotesi sul sistema presente in un paziente, non è infatti sufficiente descrivere le caratteristiche della produzione linguistica senza astrarre quelle caratteristiche regolari che ci possono informare anche sul comportamento futuro del soggetto. Un'altra distinzione teorica basilare per uno sviluppo adeguato dell'analisi linguistica in campo clinico è fra «struttura linguistica» e «uso del linguaggio». Sotto il nome di struttura linguistica è compresa l'organizzazione formale del linguaggio parlato e i significati espressi da questa organizzazione: da parte di molte teorie vengono riconosciute tre componenti principali (o livelli di organizzazione linguistica) a) livello grammaticale comprendente i sottogruppi della sintassi e della morfologia (v. «Morfologia e sintassi» p. 37 e sgg.), b) livello semantico (v. «Semantica» p. 7 e sgg.), c) livello fonologico (v. «Fonologia» p. 51 e sgg.). Invece le proprietà fisiche dei suoni linguistici e i fattori articolatori ed uditivi coinvolti nella loro produzione e percezione, costituiscono il campo di studio della fonetica. È sulla base di queste distinzioni che può emergere una più soddisfacente spiegazione delle capacità linguistiche. Tuttavia senza uno studio sistematico del modo in cui queste caratteristiche strutturali vengono usate nella comunicazione tale relazione sarà poco produttiva. L' «uso del linguaggio» comprende una vasta serie di fattori che hanno a che fare con le cause psicologiche e sociali che determinano il comportamento linguistico. Ci sono due principali campi che studiano l'uso della lingua: la sociolinguistica (v. «Sociolinguistica» p. 135 e sgg.) e la psicolinguistica che studia le correlazioni tra comportamento linguistico dell'individuo e i processi cognitivi che sono alla base di quel comportamento, cioè fondamentalmente come lo studio dei processi mentali che stanno alla base della programmazione, produzione, percezione e comprensione della parola. La rilevanza clinica della psicolinguistica ci sembra ovvia data la stretta relazione tra le limita zioni nella capacità psicologica e quelle nella capacità linguistica; il ruolo della sociolinguistica è forse meno ovvio ma è solo attraverso una prospettiva sociolinguistica che si svilupperà un buon approccio all'interazione clinica. È quindi necessario che lo studio della struttura linguistica venga integrato all'interno di una struttura sociale e psicologica per poter fornire le basi ad una teoria e ad una pratica di «cura» linguistica. Lavorando all'interno di una struttura derivata da considerazioni linguistiche generali, si potrà procedere nello studio dei diversi livelli di organizzazione del linguaggio allo scopo di sviluppare una struttura di riferimento teorica e descrittiva basata sulle recenti ricerche all'interno di questi livelli. Inoltre poiché l'acquisizione del linguaggio nel bambino fornisce una prospettiva essenziale per la ricerca sulle incapacità linguistiche vi sarà anche una revisione delle principali scoperte descrittive, teoriche anche in questo settore (v. «Lo sviluppo del linguaggio nel bambino» p. 89 e sgg. e «Lo sviluppo fonologico» p. 109 e sgg.). UMBERTA BORTOLINI-RICCERI

Author(s): Lucio Croatto (a cura di)
Series: Trattato di foniatria e logopedia
Publisher: La Garangola
Year: 1983

Language: Italian
Commentary: Collana monografica di Acta phoniatrica Latina
Pages: 168
City: Padova

Indice
PRESENTAZIONE (U. Bortolini-Ricceri) pag. 3
SEMANTICA (R. Galassi) » 7
MORFOLOGIA E SINTASSI (G. Cinque) » 37
FONOLOGIA (A. Mioni) » 51
LO SVILUPPO DEL LINGUAGGIO NEL BAMBINO (V. Volterra) » 89
LO SVILUPPO FONOLOGICO (U. Bortolini - Ricceri) » 109
SOCIOLINGUISTICA (A. Mioni) » 135
LA COMUNICAZIONE NON VERBALE (P. E. Ricci Bitti) » 151